Let's work!

Chester&Katherine

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    CHESTER BENNINGTON
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    «I don't like to hold back, because that's how you hurt yourself.»
    Verso le sette del pomeriggio Chester si incamminò in direzione del bar in cui lavorava da anni per cominciare il suo turno. Era tremendamente annoiato di quel lavoro, ma non poteva poi farci molto se non riusciva a trovarne uno migliore; da mesi girava per la città in cerca di qualche cartello fluorescente con la scritta 'cercasi apprendista' o 'cercasi qualunque cosa', ma non aveva avuto molta fortuna. E neanche leggere annunci sul giornale locale gli era servito a qualcosa.
    Con le mani nelle tasche dei jeans scuri percorse i tutti e tre gli isolati che lo separavano dal luogo di lavoro, finché non arrivò sul posto e diede letteralmente una spallata alla porta a vetro massiccia del bar, che al suo tocco tutt'altro che delicato si aprì. A testa bassa raggiunse il bancone e quando alzò lo sguardo vi trovò poggiato un post-it giallo con qualcosa scritto su. Lo prese tra le dita con disprezzo, immaginando chi potesse essere il mandante e quale potesse essere il messaggio.
    'Questa sera non ci sono, ho da fare. Trattami bene i clienti e non farli scappare via. Victoria.'
    Victoria era il suo odioso datore di lavoro ed il fatto che quella sera non ci fosse per Chester fu un vero e proprio sollievo. Stropicciò il post-it e lo gettò nel cestino dei rifiuti, dopodiché prese davvero servizio. La ragazza del turno prima del suo lo salutò e andò via, ma come al solito Chester non ricambiò il saluto, non degnandola neanche di uno sguardo. Quando la grossa porta di vetro fu chiusa, il ventiseienne si ritrovò quasi da solo in quel bar, escluso un ubriaco con la testa perennemente poggiata sul tavolino nell'angolo e due ragazze sulla destra che conversavano silenziosamente.

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  2. Juls©
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    KATHERINE JOHNSON
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    «Don't live your life to please others»La ristrutturazione del bar, diventato di mia proprietà dopo la morte di mia zia, era andata a buon fine e l'inaugurazione era ormai alle porte. Ero eccitata all'idea e al contempo frustrata al solo pensiero che avrei dovuto dirigerlo completamente da sola. Mia sorella era stata chiara, lei non voleva mettere piede in quel bar come cameriera e la capivo, non era per lei quel lavoro, lei sarebbe diventata un grande giornalista, ero io la tipa da locali e feste notturne, senza contare poi che con la sua sbadataggine e "attrazione" per i pavimenti avrebbe distrutto tutti i servizi di bicchieri in una settimana. Scossi sogghignando il capo a quel pensiero e decisi che era giunto il momento di svagarmi un pò, me lo meritavo dopo una settimana passata a controllare i muratori che sistemavano gli ultimi dettagli. Mi cambiai, presi le chiavi di casa, i soldi, il telefono ed uscii di casa avviandomi a piedi verso il centro.
    Dopo circa venti minuti di cammino mi ritrovai davanti all'entrata di un bar. Dall'esterno non sembrava un gran bel posto ma mi ero decisamente stufata di camminare perciò decisi di dare una rapida occhiata dentro. Non c'era quasi nessuno ma la voglia di bere qualcosa era troppa decisi, pertanto, di tentare lo stesso.
    Entrai con la mia solita disinvoltura e mi avviai verso il bancone Una Vodka Redbull dissi al ragazzo dopo essermi accomodata su uno sgabello. Mi soffermai a guardarmi un pò intorno. Era buio quel posto, sembrava più un Irish pub che un semplice bar, troppo chiuso per i miei gusti e l'arredamento lasciava decisamente a desiderare. Questo posto fa schifo. Mi resi conto solo in un secondo momento di aver detto quella frase ad alta voce. Non sapevo se il ragazzo l'avesse sentita ma nel primo caso speravo tanto non fosse lui il proprietario.

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    CHESTER BENNINGTON
    Autorigenerazione 26 Scheda pg
    «I don't like to hold back, because that's how you hurt yourself.»
    L'ozio di Chester fu interrotto quando la porta a vetro del locale si spalancò, lasciando intravedere una ragazza che a grandi passi e con una certa disinvoltura si diresse al bancone. Chiese una Vodka Redbull ed il ragazzo annuì, preparando l'occorrente per il cocktail. La vide accomodarsi su uno degli sgabelli rossi al bancone e guardarsi intorno. Chester mise in un bicchiere dei cubetti di ghiaccio e verso la vodka; poi completò versando la edbull nella quantità esatta che il cocktail prevedeva - dopo tanti anni, ormai, era diventato preciso nella quantità degli ingredienti dei cocktail che preparava. Miscelò il tutto ed infilò nel bicchiere una cannuccia nera.
    Questo posto fa schifo. sentì pronunciare dalla ragazza e pensò che avesse davvero ragione. Ogni maledetta volta che era costretto ad entrare in quel bar gli veniva la nausea. Inoltre chi aveva arredato quel posto doveva avere sicuramente un cattivo gusto; senza contare che l'impresa di pulizie non metteva piede in quel bar da qualche mese ed i tavoli erano puliti solo perché li puliva Chester tutte le sere alla fine del suo turno. Eh sì, in molti si domandavano come quel bar fosse ancora aperto.
    Lo penso anch'io. pronunciò quelle parole con nonchalance e alzando lievemente le spalle, poi porse il cocktail alla ragazza.

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    KATHERINE JOHNSON
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    «Don't live your life to please others»Mi soffermai ad osservare il ragazzo che avevo davanti, era un bel tipo, capelli rasati, carnagione chiara, espressione da duro e tatuaggi... tanti tatuaggi... mi piacevano i ragazzi come lui, li avevo frequentati per anni ma il mio interesse restava puramente fisico, una volta conosciuti si dimostravano dei perfetti idioti. Scossi appena il capo al pensiero, non avevo avuto delle belle esperienze con il genere maschile, eppure non me li cercavo, erano loro a trovare sempre me.
    Mi concentrai nuovamente sul ragazzo che, come temevo, sentì la mia affermazione. Rimasi leggermente stupita dalla sua risposta anche se questo dimostrava che il posto non era suo e la cosa mi rassicurò appena. Aspettai prima di rispondere, allungai la mano e presi il cocktail, lo miscelai per un secondo e poi posai le mie labbra sulle cannucce nere assaporandolo appena...era buono Bevi qualcosa anche tu, altrimenti mi sento sola aggiunsi con un ghigno e feci un altro sorso. Se non ti piace che diavolo ci fai qui? chiesi. la domanda mi uscì piuttosto spontanea.

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    CHESTER BENNINGTON
    Autorigenerazione 26 Scheda pg
    «I don't like to hold back, because that's how you hurt yourself.»
    La ragazza lo invitò palesemente a bere e lui non se lo fece ripetere una seconda volta. Mescolò in un bicchiere della vodka alla fragola e dell'assenzio, poi si sentì tremendamente distante e fece il giro del bancone per andarsi a sedere su uno sgabello accanto a lei. Sorseggiò un po' del cocktail e si perse per un attimo a fissarla. Era una ragazza molto bella e - non poté fare a meno di notarlo - aveva dei capelli altrettanto belli, di un colore insolito che lui aveva visto di rado. Chissà che lavoro faceva? Pensò che sarebbe stato estremamente curioso di saperlo, così come di conoscere il suo nome e magari anche doveva abitava. Ma non poteva chiederle tutte quelle cose, ovviamente, e non tutte insieme.
    Prima di rispondere all'ultima domanda della ragazza, Chester allungò lo sguardo davanti a sé e si morse appena il labbro inferiore.
    Non ho trovato un altro lavoro migliore cominciò e non tutti sono stati disposti ad assumermi.
    Pregò dentro di sé che non gli chiedesse il motivo di quell'ultima affermazione, abbassando leggermente la testa e pentendosi di averglielo rivelato.
    Comunque sono Chester.
    Allungò la mano destra verso la ragazza, facendole capire che avrebbe volentieri ascoltato il suo nome.

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  6. Juls©
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    «Don't live your life to please others»Non se lo fece ripetere due volte e si preparò a sua volta un cocktail, un sorriso si dipinse sul mio volto ma durò poco, non ero particolarmente espansiva e soprattutto non ero il tipo di persona che dispensava sorrisi con facilità. Lo seguii con lo sguardo mentre veniva a sedersi accanto a me, lo scrutai ancora, mi chiedevo quali pensieri stessero frullando nella sua mente, quelli erano i momenti in cui desideravo avere il potere di mia sorella, lei non se ne faceva nulla, io invece lo avrei sfruttato a dovere...sospirai appena, non si poteva avere tutto dalla vita. Allungai il mio cocktail verso il suo per brindare, mi venne spontaneo, poi lo portai nuovamente alle mie labbra per assaporarlo di nuovo.
    Ascoltai le sue parole ed inclinai appena il capo da un lato quando disse che non tutti erano disposti ad assumerlo...io lo avrei assunto ...E perchè mai non sono disposti? Per via dei tatuaggi e dell'espressione da cattivo ragazzo? chiesi in tono canzonatorio. Il ragazzo si presentò, Chester...un nome interessante Sono Katherine risposi guardandolo dritto negli occhi.

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    CHESTER BENNINGTON
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    «I don't like to hold back, because that's how you hurt yourself.»
    Chester fece una smorfia non appena sentì nominare 'tatuaggi' e 'espressione da cattivo ragazzo'; rise appena, poi tornò immediatamente serio.
    Uhm... sì, diciamo che è per quello. Ma più che altro perché in passato ho avuto dei problemi con la droga. E sai, quando dico queste cose la gente si spaventa. si sentì immediatamente uno stupido ad averle rivelato una cosa così importante di sé e non sapeva neanche con certezza perché lo aveva fatto; non si fidava mai della gente, ma in quella ragazza c'era qualcosa che lo faceva sentire al sicuro, sentiva che avevano qualcosa in comune e che lei lo avrebbe capito. Si sentì doppiamente stupido per aver pensato una cosa del genere, ma ormai il danno era fatto e quella parte che tentava di nascondere di sé l'aveva appena rivelata con tanta facilità. Dunque si chiamava Katherine. Davvero un bel nome. Una sua ex si chiamava Katherine, ma non aveva risentimenti contro: lei era una ragazza dolce, era stato lui lo stronzo a mollarla e dopo anni ancora se ne pentiva.

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  8. Juls©
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    KATHERINE JOHNSON
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    «Don't live your life to please others»Mi si gelò un secondo il sangue quando parlò di droga. Abbassai lo sguardo per un attimo, la sensazione fu quella di essere stata scoperta il che potrebbe risultare buffo considerando che non aveva insinuato nulla contro di me. Il problema, probabilmente, era che mi pentivo così tanto in colpa di quel periodo della mia vita che ancora non riuscivo ad affrontare un discorso simile con tranquillità. Tornai ad incontrare il suo sguardo, non volevo incuriosirlo. Tornai a sorseggiare il mio drink rima di incrociare nuovamente il suo sguardo. Oh bè...ipotizziamo che io stia per aprire un bar e che non abbia nessuno che mi aiuti al bancone... non so perchè dissi quella frase, non so davvero cosa mi balenò in testa ..insomma... continuai la frase cercando di organizzare le parole in modo che assumessero senso compiuto ..a te questo posto fa schifo e a me serve un cameriere figo... gli avevo dato del figo, pessima mossa, speravo non avrebbe iniziato a vantarsi, sarei potuta diventare molto antipatica ...potremmo raggiungere un accordo...! conclusi guardandolo
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    CHESTER BENNINGTON
    Autorigenerazione 26 Scheda pg
    «I don't like to hold back, because that's how you hurt yourself.»
    Il ragazzo, appena terminata la sua 'confessione', la vide abbassare la testa al pavimento e sentirsi come in colpa. Fu allora che Chester si sentì stupido per la terza volta e si maledisse per aver detto con tanta nonchalance tutta quella faccenda della droga; sì, era stato stupido ed egoista perché non aveva pensato neanche per un secondo che Katherine avesse potuto avere qualche familiare drogato magari, ma in ogni caso aveva urtato la sua sensibilità e questo lo aveva capito. Stava per scusarsi quando la ragazza cominciò quel discorso ipotetico che gli fece quasi perdere il filo. Ma cosa? Gli aveva davvero dato del figo? Quella era l'ultima cosa che Chester si sarebbe aspettato di sentir pronunciato da una ragazza; insomma, in sua presenza nessuno glielo aveva mai detto. La cosa lo fece sorridere ma continuò comunque ad ascoltare Katherine.
    Beh, ipotizzando che quello che hai detto sia vero - e il fatto che mi faccia schifo questo posto lo è... ti direi di sì. Ma sappi che sono una pessima persona, davvero. Nessuno riesce a starmi vicino per più di dieci minuti e non so come tu ci stia riuscendo dato che sono una persona assolutamente antipatica.
    'E anche con una bassa autostima' avrebbe voluto precisare, ma ci ripensò su.

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  10. Juls©
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    KATHERINE JOHNSON
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    «Don't live your life to please others»Sembrò stupito quando gli dissi che era figo, non ero solita dispensare complimenti e da quello che vedevo lui non era solito riceverli. Sospirai appena probabilmente si stava facendo un idea sbagliata di me ma cosa potevo farci?! l'alcool iniziava a salire, era sicuramente sua la colpa del mio "cambio di atteggiamento". Ascoltai le sue parole e rimasi a fissarlo senza scostare lo sguardo mettiamola così, prendila come una sfida dissi con un ghigno, a me serviva una mano e a lui serviva qualcuno che lo trascinasse fuori del buco che qualcuno osava definire bar. Decisi di riprendere la mia frase Un mese di prova e se non va ti giuro che te lo trovo io un altro lavoro, mi assumo la responsabilità non so perchè stessi facendo tutto quello, potevo sembrare disperata ma non era affatto così. Il punto era che quel tipo mi incuriosiva, avrebbe di certo dato un tocco di trasgressivo al mio bar e li idea mi piaceva, e non poco. che ne dici? chiesi infine
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    Chester continuò ad ascoltarla con una strana espressione in volto: era leggermente incredulo e al tempo stesso entusiasmato per la proposta. Incredulo perché dopo che le aveva raccontato la parte peggiore di sé, Katherine gli aveva comunque lanciato quella sfida; era entusiasmato, invece, perché finalmente vedeva una via d'uscita da quel bar schifoso in cui non sopportava più di stare.
    Ok, accetto. annuì alzando lievemente le spalle e sorridendole.
    Non aveva nulla da perdere, ma solo da guadagnarci, dato che se col bar fosse andata male la ragazza gli avrebbe trovato un lavoro sicuramente migliore di quello attuale. O perlomeno lo sperava; di solito non si fidava così tanto delle persone e non capiva perché invece, stavolta, le stava dando tanta corda. Inoltre quella ragazza sembrava quasi lunatica, aveva cambiato atteggiamento nei suoi confronti con una rapidità impressionante! Però le piaceva come persona, sembrava una tipa solare e simpatica, senza parlare dell'aspetto fisico: davvero una bella ragazza.

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  12. Juls©
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    KATHERINE JOHNSON
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    «Don't live your life to please others»Ghignai soddisfatta quando accettò la mia proposta, sembrava felice ma al contempo incredulo. Un pò forse capivo come potesse sentirsi se nel suo passato era stato a contatto con la droga, sapevo cosa si provava ad essere "emarginato" o trattato con disprezzo, faceva parte anche del mio passato nonostante non lo dessi affatto a vedere.
    Ne fai ancora uso? chiesi poi con molta tranquillità, sarei diventata il suo datore di lavoro dovevo saperlo se sotto i miei occhi avrei avuto ogni giorno il centro delle mie tentazioni. ...sempre se non ti da fastidio parlarne aggiunsi poi guardandolo dritto negli occhi, ero decisa a cogliere ogni minima espressione del suo volto, volevo capire se la risposta che mi avrebbe dato a breve sarebbe stata sincera oppure no...ero brava ad interpretare il linguaggio del corpo.

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    Si aspettava quella domanda perché era la prima che gli avevano sempre fatto ad ogni colloquio di lavoro, subito dopo aver rivelato quel particolare di sé.
    No, ho smesso davvero affermò con decisione e una leggera punta di disinvoltura, poi continuò e sta' tranquilla non mi dà fastidio parlarne.
    Aveva davvero smesso definitivamente, grazie ad una lunga ed estenuante terapia che gli aveva praticamente cambiato la vita. Lo psicologo che lo aveva accompagnato durante quel periodo era stato tanto bravo da fargli inconsciamente associare alla droga il dolore e le brutte sensazioni che aveva invece provato nella crisi d'astinenza; così nella sua mente quelle sostanze erano inevitabilmente legate non più al piacere bensì alla sofferenza. Per quello non aveva più avuto motivo di drogarsi e una volta smesso lo aveva fatto definitivamente.

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  14. Juls©
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    «Don't live your life to please others»Mi disse che aveva smesso definitivamente e non so per quale strampalata ragione in quel preciso istante decisi di non tenere a freno a lingua ho smesso anche io dissi con tranquillità buttando giù l'ultimo lungo sorso del mio cocktail. Gli avevo appena confessato che in passato facevo uso di droghe e non riuscivo a capire perchè lo avevo fatto, forse in un certo senso credevo di aver trovato qualcuno che potesse capirmi davvero o forse era semplicemente colpa dell'alcool. Gradirei che tenessi questa cosa per te... iniziai a dire guardandolo dritto egli occhi ...non so neanche perchè te l'ho detta.... aggiunsi ridacchiando, di certo si era conto che la vodka mi aveva già dato alla testa ...e per concludere gradirei un altro giro, uno per me e uno per te ...non volevo di certo bere da sola.
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    Quella conclusione gli fece pensare che Katherine non reggeva tanto bene l'alcool. Tuttavia Chester stentava ancora a credere che anche la ragazza avesse avuto in passato problemi di droga: insomma, a vedeva così 'pulita' che davvero non sapeva spiegarselo. La ragazza lo pregò di tenere quella faccenda per sé e Chester non se lo sarebbe di certo fatto ripetere: non gli piaceva farsi gli affari degli altri, figuriamoci se li avesse spifferati in giro! Era l'ultima cosa che gli interessava.
    Sarò una tombafece con la mano il gesto di chiudersi le labbra, anche se la sua affermazione risultò un po' inquietante.
    Alla richiesta di bere ancora, Chester preparò altri due cocktail un po' più leggeri e tornò a sedersi accanto all'altra. Esitò per un attimo prima di porgergliene uno.
    Sei sicura di reggerlo e non cominciare a vomitare dappertutto? le domandò alzando un sopracciglio; era il modo più carino che aveva trovato per metterla in allerta e farle capire che la vodka le stava già facendo dare i numeri. Al contrario, Chester reggeva l'alcool in una maniera magnifica.

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